Saranno i libri di Salgari che mi
leggevano da bambina, sarà la mia vena spirituale, sarà l'approccio
alla vita più simile a quello orientale che a quello del nostro
Paese, saranno mille altri motivi che non sto ad elencare, sta di
fatto che non riesco a resistere davanti ad un libro che abbia in
qualche modo un richiamo all'India...
L'ultimo che ho letto sull'argomento è
il diario di viaggio di uno scrittore davvero interessante: Giancarlo
De Cataldo, dal titolo “L'India, l'elefante e me”.
Si tratta di un viaggio nell'India del nord raccontato con dovizia di particolari, descrizioni di paesaggi e di scorci di vita che si intrecciano in maniera armonica tra di loro.
Per nulla scontato anche se alcune
nozioni già si conoscono nel momento in cui ci si approccia a questo
tipo di lettura.
Lo scrittore riesce ad appassionare il
lettore coinvolgendolo pienamente all'interno del suo viaggio che,
come spesso accade in luoghi come l'India, non è solo fisico ma
anche e soprattuto mentale ed interiore. Non da turista ma da
viaggiatore, che c'è una bella differenza, De Cataldo decide di
arrendersi alle mille contraddizioni dell'India e di lasciarsi
attraversare da tutto ciò che incontra lungo la strada.
Non mancano descrizioni di mendicanti, poveri, malati, come è normale che sia sapendo anche solo in minima parte come può essere la qualità della vita in quella parte del mondo. Nulla di tutto ciò risulta però di difficile approccio o comprensione grazie all'abile penna di De Cataldo.
Ci si immerge in un mondo diverso da
quello che siamo abituati ad abitare ma in maniera del tutto
naturale.
Il vero protagonista del libro è lo
sguardo curioso ed attento di De Cataldo che sa cogliere quelle
sfumature che troppo spesso si danno per scontate.
Il libro ci porta da Varanasi, città sacra, a Bollywood, tempio del cinema che produce più film di Hollywood, dal quartiere più povero che ci si possa immaginare dove la gente morta per strada è all'ordine del giorno, al Taj Mahal, una delle meraviglie del Mondo, al ricordo della non violenza gandhiana.
Questo lungo viaggio si conclude con la
constatazione che la prima volta che si va in India la si può
comprendere in parte, mentre la seconda, la terza, la quarta volta si
inizia a realizzzare che l'India è davvero incomprensibile: è da
vivere e basta...
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